NO COMFORT ZONE
“Uno spettacolo estremamente equilibrato, anche nella durata, ricco nella dimensione del movimento che è molto carezzevole. La cifra stilistica dell’intera coreografia potrebbe essere definita carezzevole. Sara Marasso non è una coreografa impositiva, neanche con sé stessa, lo si vede bene in tutto il lavoro. L’impressione è che lei davvero esplori fino a trovare quel movimento che risuona con ciò che sta cercando. Il suo corpo è misura: misura con l’avambraccio, la mano, il braccio, misura con la spalla, fa un processo di misurazione che trovo molto bello a vedersi […]”. Infine c’è questa capacità di passare dall’ossessione al lirismo: infatti il finale ha questo tipo di apertura, una dimensione come di speranza. La musica qui è lasciata andare nella sua interezza, così come il corpo si lascia andare alla caduta e al sostegno, ad una dimensione poetica. E lì ritorna a danzare, più secondo una dimensione di canone tradizionale in cui c’è un’idea di fluidità, con un passaggio dalla frammentazione alla continuità che emerge chiaramente anche a livello di movimento. Secondo me tutti questi elementi drammaturgici il pubblico li coglie molto bene perché Sara Marasso e Stefano Risso non sono didascalici per niente, lavorano seriamente attraverso un loro processo compositivo, consapevoli che ogni passaggio è necessario ma alla fine tutto il lavoro risulta veramente coinvolgente. E lo è su vari piani, a livello emotivo, percettivo, a livello strutturale, tanti sono i livelli possibili di lettura. Lo spettacolo riesce così a comunicare in modo diretto al pubblico perché alla fine gli elementi di rottura e di ricerca, che sono presenti, sono consegnati dentro una chiusura della forma”. A. Pontremoli, citazione del suo intervento ad Autunno Danza Festival, Teatro Massimo Cagliari, Novembre 2018
“E’ all’insegna della grazia e della rotondità dei gesti delle danzatrici “No Confort Zone” di Sara Marasso con la presenza complice di Stefano Risso, al contrabbasso e al live electronics. Supportato da Lavanderia a Vapore e la compagnia portoghese Vo’Arte Espaco Rural das Arte Soudos è un intreccio di rara perfezione tra corpi che danzano e note musicali. Quelle del meraviglioso quartetto d’archi di Beethoven numero 14, Opera 131 in mi minore eseguito dall’Alban Berg Quartet che accompagnano con grazia le evoluzioni e i gesti danzati in chiaroscuro. Note avvolgenti e talora struggenti, intrise di una umanità profonda che la danza in gioco armonico perfetto restituisce in un alternarsi leggero e senza alcuna sbavatura. Una sintesi poetica che unisce gli estremi, smorza i contrasti accarezzando di compassione il mondo”.
W. Porcedda, Gli Stati Generali, 2019
“Sara Marasso è una raffinata autrice di cultura filmico-tersicorea, sempre alla ricerca di un linguaggio contemporaneo in stretta relazione con altre forme di espressione artistica. Formata inizialmente alla scuola di Anna Sagna, poi al Laban Centre di Londra, a Parigi e quindi con maestri atipici come Diverrés e Vandekeybus, la Marasso è specialista di contact-improvisation e definisce “corpo-grafia” la propria arte di movimento. Apprezzata in numerosi festival (…) la coreografa torinese è stata scelta con il suo ultimo progetto, “No Comfort Zone”, per varare il piano delle Residenze coreografiche alla Lavanderia a Vapore di Collegno. Realizzato dalla sua compagnia “Il Cantiere” con il supporto di Torino Danza e in collaborazione con Interplay, “No Comfort Zone”, uno dei primi titoli selezionati dal Circuito Teatrale del Piemonte, è visibile alle 18 alla Lavanderia, nell’interpretazione della sua autrice, circondata dai materiali visivi di Fenia Kotsopoulou ed accompagnata dai suoni elettronici e ukubass di Stefano Risso elaborati dall’op. 131 di Ludvig van Beethoven. Maturato durante l’estate nella residenza portoghese della Companhia Instavel- Teatro Campo Alegre, ‹‹No Comfort Zone – spiega la performer – esprime un’idea di creazione multidisciplinare implicante un margine di rischio ovvero di non conforto››”.
C. Allasia, La Repubblica, 2016
“(…) una danza frammentata che sembra riflettere una mente distratta da parole, frasi e discorsi che lei sola conosce. Come nel silenzio della notte, quando sotto le calde coperte del letto, affiorano mille pensieri costringendo il sonno a ritardare la sua comparsa. Al risveglio le occasioni di distrazione aumentano. (…) Non c’è tregua. Le cadute sono inevitabili. L’importante è risollevarsi, ritagliarsi uno spazio e prendersi cura di sé. L’incontro con l’altro porta un cambiamento. Camminando fianco a fianco lungo il percorso all’occorrenza ci si afferra e aiuta a rimettersi in piedi. Bisogna fidarsi perché si rischia in due, ma insieme si vince e allora il volto accenna un sorriso. Sfuggire diventa un gioco, abbandonarsi un’opportunità”.
E. Canciani, Attraversamneti Multipli, 2016
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